domenica 28 settembre 2008

Shhh, they're playing my song


Ebbene sì, siamo tornati di nuovo alla Menier Chocolate Factory, a vedere finalmente la vincitrice del primo reality targato ALW Connie Fisher (per la quale avevamo tifato sin dal primo giorno, ma che abbiamo mancato poi in the Sound of Music) e a ritrovare il sadico dentista di Little Shop of Horrors, il bravissimo Alistair McGowan in questo They're playing our song con libretto del grande Neil Simon e che anche in Italia ha avuto un certo successo un bel po' di eoni fa nella versione Proietti-Goggi.

WHERE: Menier Chocolate Factory - Southwark
WHEN:31 August 2008, matinee
HOW WAS THE SHOW?

Semplice storia d'amore tra il compositore Vernon Gersch e l'incasinatissima e perennemente ritardataria paroliera Sonia Walsk, che nasce da un incontro di lavoro per scrivere insieme una canzone, sembra chiudersi per vari motivi tra cui la presenza ingombrante di Leon, ex fidanzato di Sonia con tendenze autolesioniste, che non si vede fisicamente, ma che non esita a chiamare a qualsiasi ora del giorno e della notte, ma poi il lieto fine trionfa e i due si ritrovano dopo varie peripezie.
A contorno, oltre ai due protagonisti, una sorta di coro greco composto da tre alter ego per personaggio.
Nell'insieme è stato un modo gradevole di passare un paio d'ore. Alistair e Connie superlativi, allestimento e regia semplici ma efficaci nella migliore tradizione Menier ma il materiale di base non è che fosse tra i migliori tanto musicalmente che come originalità della storia.
Restano impressi il brano che dà il titolo allo show e la canzone che i due compongono insieme I still believe in love, alcuni dei dialoghi e poco altro.

Grande novità per la Menier: l'aria condizionata finalmente funzionante e addirittura per lo spettacolo di Natale, A Little Night Music del maestro Sondheim, persino i posti numerati, seppure con un aumento di circa il 50% del prezzo del biglietto (i numeri da applicare su delle panche più cari della storia...). E noi si è già deciso che già che ci siamo, in questa venue a cui siamo parecchio affezionati, ci chiudiamo il 2008.

domenica 14 settembre 2008

There's a place for us...

... and it definitely is a theatre, or a music hall, or some other venue!

Dato che al Fringe quei “soli” tre show in due giorni ci avevano un po’ fatto il solletico, bisognava pure completare l’opera, right? Intendiamoci, non siamo responsabili: è tutta colpa del prozio Epicuro che scrisse quella strappalacrime lettera sulla felicità, e degli editori che anni fa la misero in commercio a mille lire… chiaro che poi ha mietuto vittime tra gli animi più nobili e sensibili… e noi Bad Idea Bears siamo taaaaanto sensibili, per cui poi l’invito a godersi le gioie della vita mica ce lo facciamo ripetere troppo volte!

Insomma, tocca occuparsi anche degli altri momenti teatrali, e poi di quelli più squisitamente musicali. Quindi apriamo, con ordine, con un nuovo capitolo della saga sondheimiana. Questa volta, a dirla tutta, The Master è autore solo dei testi, perché le musiche le ha scritte quell’altro pivellino di Bernstein e il concept narrativo va a spulciare invece in una storiella di portata vagamente universale scritta tanto tempo fa da un tale Guglielmo Shakespeare.
In altre parole… metti che Giulietta si chiama Maria e Romeo si chiama Tony, metti che Verona assomiglia al West Side di New York… ed eccoti servito un classicissimo del teatro musicale.

WHERE: Sadler's Wells Theatre - Rosebery Avenue, London EC1R
WHEN: 23rd August 2008, matinee
HOW WAS THE SHOW?


Non potevamo certo perdere questa chance per una serie di motivi: a) come già detto, il nostro “credo” ci impone di non trascurare tutto ciò che sia uscito dalla penna di Stephen Sondheim; b) questa produzione itinerante per l’Europa aveva raccolto enormi consensi; c) era ospitata dal Sadler’s Wells Theatre che si erge ai piedi della salita che conduce verso Angel e da sempre è associata, nel nostro ricordo visivo, al passaggio del N38 tra due file di tronchi scuri coperti da una pioggia di minuscole luci… e questo teatro dedicato alla danza ci attirava a mo’ di magnete ormai da tempo. La nostra uscita teatrale è peraltro stata resa ancora più speciale perché con noi avevamo le nostre due fidate compagne di viaggio dell’estate passata, che non potevano mancare ad una visita londinese e, soprattutto, ad un rendez-vous con la cucina del Busaba!
Tornando però allo show… qualcuno – non facciamo nomi, ma è lo stesso sito che ha recensito “Never forget” con una paccata di stelline – aveva bollato questo West Side Story come vecchio e poco convincente. Ben altra è stata la nostra impressione! Certo, la trama è, come già accennato, sufficientemente nota, a meno che in questi ultimi secoli siate vissuti su un altro pianeta, in un’altra galassia, e nessuno vi abbia mai rivelato che la storia di Romeo e Giulietta non finisce proprio con “e vissero tutti felici e contenti”… ma tale e tanta era l’energia sul palco della compagnia, così intensa l’interpretazione dei principals anche nei momenti un po’ retorici (per esempio in “Somewhere”), così ricco l’allestimento dal punto di vista coreografico e l’impatto visivo dei costumi, che era parecchio difficile restare indifferenti.
E ancora meno facile era restare indifferenti alla voce di Tony, un raro e fortunato mix tra impostazione pressoché lirica e intelligibilità e chiarezza della parola perfettamente preservate! Rimane poco tempo per “digerire” il finale che – scelta non comune nel teatro musicale – lascia gli spettatori nel silenzio di una scena solo recitata senza un reale closing number… che già sgorga caloroso l’applauso per la compagnia schierata al curtain call.
Alla vigilia temevamo un po’ di soffrire l’impianto tradizionale delle musiche, ma lo show è volato via senza mai risultare pesante e, anzi, siamo usciti dal Sadler’s Wells con la viva intenzione a ritornarci quanto prima per confrontarci con uno spettacolo di pura danza - e non avessimo già infarcito la nostra schedule a priori, avremmo già subito il forte richiamo della prima produzione disponibile dopo la chiusura di West Side Story di lì a pochi giorni!!

sabato 13 settembre 2008

At the Fringe...

Le BIB-vacanze sono state parecchio epicuree quest’anno, tanto per fare una cosa nuova, e tutto è iniziato ad Edinburgh, dove ci siamo recati appositamente per gli ultimi giorni del Fringe Festival, ovvero.. tutto quello che vorreste vedere a teatro di nuovo e consolidato, originale e ritrito, molto dilettante e semi-professionista e chi più ne ha più ne metta a riempire un programma della manifestazione che è in realtà un tomo da fare impallidire il catalogo IKEA e da mettersi in seria concorrenza con le Yellow Pages di London East!

Non essendo mai stati in questa deliziosa città, che ci sentiamo di consigliare vivamente per una visita, e volendo fare anche del sano, umido sightseeing (su, in fondo un giorno di sole e cielo limpido lo abbiamo anche avuto, è pure sempre la Scozia, mica Sharm-el-Sheik...) ci siamo "limitati" alla visione di soli 3 show in 2 giorni, ma il progetto di una full immersion da ripetere il prossimo anno per un periodo più lungo ci sta ronzando abbastanza pesantemente per la testa. Per il momento non proviamo neppure a visualizzare in cosa ciò si potrebbe tradurre, perché sfogliando il suddetto catalogo era tutta una serie di "oh, ma dai, hanno fatto questo?" e "noooo, non ci credo, facevano..." che insomma, fa pensare a overdose teatrali non esattamente per tutti!

Show No. 1
Songs for a New World by Jason Robert Brown - C2
Della serie “e c’è qualcosa di JRB, che ce lo perdiamo?”, questo musical molto atipico è stata la nostra prima scelta. Non c’è una trama, è più un concept album che non un musical, una sequenza di brani cuciti insieme con il filo comune ben delineato dall'opening number: tutto si gioca in quell'istante in cui devi prendere una decisione, e quella decisione può cambiarti la vita, nel bene o nel male
And oh, you're suddenly a stranger
There's no explaining where you stand
And you didn't know
That you sometimes have to go
‘Round an unexpected bend
And the road will end
In a new world

Ogni canzone è il racconto di un frammento di vita, il finale a sorprendere chi ascolta con un esito inatteso, talvolta non proprio con toni da happy ending. L’originale aveva 4 attori (due uomini e due donne) che si alternavano, questa versione della Rubber Duck Company presentava una femminuccia in più.
La location era una specie di scantinato, la scenografia assolutamente essenziale (forse inesistente è il termine più adatto) come doveva essere, eravamo veramente 4 gatti e gli interpreti hanno avuto alti e bassi, in particolare uno dei due maschietti doveva avere qualche problemino perché ogni tanto sembrava proprio che la voce non uscisse.
Per motivi un po’ lunghi da spiegare (ma vabbè, se state bravi poi un giorno ve la spieghiamo pure...), abbiamo nel cuore la splendida “I’m not afraid of anything” (praticamente la colonna sonora di questa vacanza) e molto belle sono anche “Stars and the moon”, “King of the world”. JRB rules, as usual!

Show No. 2
Zanna don’t – European Premiere - George in the Square 1
Ebbravi i ragazzi della Royal Scottish Academy of Music and Drama che hanno rappresentato per la prima volta in Europa questo very much feelgood musical, facendo divertire noi e il resto del non giovanissimo pubblico che ci circondava e facendoci uscire tutti con un bel sorrisone ebete stampato sulla faccia.
Nella città di Heartville le coppie formate da persone dello stesso sesso sono la norma e chi meglio del matchmaker Zanna con la sua bacchetta magica e l’aiuto dell’uccellino Cindy può costituire il perfect pair? Con il sottofondo della musica del DJ Tank vediamo lo strapopolare campione di scacchi Mike che si innamora di Steve, anche se è uno sfigato quarteback (perché a Heartville sono i giocatori di scacchi ad incarnare il ruolo dei sex symbols...), e l’aggressiva Roberta che, dopo svariate delusioni, trova nella secchiona Kate il suo grande amore. Ma non tutto è perfetto: anche Zanna ha una cotta per Steve il quale a sua volta, nel corso della preparazione di una recita scolastica in cui viene trattato lo scottante argomento dell’eterofobia, si scopre innamorato e ricambiato di Kate. La loro storia diventa di dominio pubblico durante la finale di scacchi vinta da Mike e i due vengono abbandonati da tutti i loro amici e decidono di lasciare Heartville per avere un futuro. Zanna però, nonostante il rischio di perdere i suoi poteri, fa un incantesimo che consente al suo amato Steve di essere felice e il risultato è che al ballo della scuola Kate e Steve sono incoronati king & queen, ma anche tutte le altre coppie sono rigorosamente miste e nessuno ricorda come fosse prima tranne Zanna, che viene pesantemente deriso per il suo abbigliamento. Ma alla fine anche per lui c’è l’happy ending, con Tank che a sorpresa gli dichiara il suo amore e gli amici che tornano sui loro passi.
Si parte alla grande con l’energetica “Who’s got extra love”, si prosegue con la tenerissima “Zanna’s song” e si chiude con “Sometime, do you think we could fall in love?”, in una fantasia di colori pastello, coreografie molto suggestive ed interpreti braverrimi, in particolare il protagonista Bobby Callhan.

Show No. 3
Departure Lounge – George in the Square 4
La YB era rimasta piuttosto colpita (e non solo per il lato B in bella mostra di Ollie Tompsett) dalla presentazione di questo musical che era avvenuta ai Whatstostage Awards lo scorso febbraio e quindi lo show è stato selezionato come visione finale della due giorni.

Eseguito solo con l’ausilio di 2 chitarre acustiche (una delle quali suonata dal composer Dougal Irvine) e rappresentato in quella che durante l’anno è palesemente un’aula universitaria, questo gioiellino DEVE trovare una London venue quanto prima!
La storia è semplice in apparenza: quattro amici di una vita, ora adolescenti e freschi di GSCE (più o meno il corrispettivo della maturità UK) sono bloccati in un aeroporto in Spagna per via del ritardo del loro volo di ritorno dalla vacanza che all’inizio sembra essere stata la classica settimana da “Brits on tour” come recita il brano di apertura, ma che poi si rivelerà un qualcosa di più.
La lunga attesa per l’aereo diventerà un pretesto per ricordare episodi della vacanza (ed in particolare la presenza femminile costante Sophie, molto meno scema e facile di quanto possa sembrare) e il loro non essere spesso d’accordo porterà ad introspezioni e confessioni che li faranno salire finalmente su quell’aereo un po' più preparati ad affrontare questo coming of age che li attende.
Momenti hilarious a bizzeffe, con l'evoluzione degli annunci del ritardo all'imbarco di questo fantomatico volo che il BBB già sa che gli risuoneranno in testa ad ogni prossima partenza da Stansted (e che tristemente hanno un fondo di verità per chiunque abbia almeno una volta viaggiato low-cost!) e le uscite spaccone e zeppe di adolescenziale energia da scaricare, che poco per volta danno spazio alla voce dei personaggi che si guardano dentro e danno per la prima volta voce a ciò che si portano nell'animo da un po', i timori per la "nuova" vita da diplomati che verrà, per i cambiamenti che questo porterà in termini di everyday life, ma anche e soprattutto nella loro amicizia sia come gruppo, sia tra i singoli ragazzi. Una miscela azzeccatissima, scelte musicali di qualità ed un cast di livello assoluto, nel quale non possiamo non menzionare Stuart Matthew Price che già ci aveva conquistati in 'Parade'.

A cheesy taste of Europe



Cari 4 gatti, c'abbiamo un fottio di aggiornamenti da fare di quanto combinato durante le vacanze: ci siamo sollazzati per un paio di giorni al Fringe Festival di Edinburgh, scoperto il mejo ristorante di pesce di tutto il Regno Unito a Glasgow, celebrato i 50 anni di West Side Story, visto l'Elphaba "di colore" e goduti il primo Billy Elliot londinese (e già che c'eravamo abbiamo cacciato in mezzo pure un paio di concerti), ma intanto vorrei segnalare un pantomusical che sarà al Novello fino a metà novembre e che è l'ideale per una serata assolutamente spensierata e tanto caciarona.


E lo so che sono ripetitiva, ma once again, GRAZIE NERWEN per l'ennesimo graditissimo omaggio.


WHERE: Novello Theatre, Aldwich, London
WHEN: 4 September, 2008
HOW WAS THE SHOW?


Partiamo da una premessa: a maggio di ogni anno si tiene un evento che tiene tutta l'Europa attaccata alla tele, ovvero il famigerato Eurovision Song Contest, ovvero una competizione musicale in cui ciascun paese invia un suo rappresentante assolutamente sconosciuto a fare una figura di merda con una canzone che poi non si sentirà più da nessuna parte...praticamente uguale a Sanremo per intenderci. L’Italia non partecipa oramai da una vita (e ce credo, gli ultimi che mandammo furono i Jalisse e i loro fiumi di parole, c’avranno vietato l’ingresso!) e quest’anno la competizione è stata vinta da dei patetici russi con il pluricampionemondiale di pattinaggio su ghiaccio Plushenko che gli pattinava nel background (della serie che adda fa’ pe’ campa’!).


In questa sorta di musical quindi cantanti e gruppi di 10 paesi europei si contendono la vittoria e a decidere è il pubblico in platea via sms, per cui ogni sera potenzialmente si ha uno show leggermente diverso.

Il pubblico è molto parte attiva anche perché all’entrata si può scegliere un badge con il nome del paese che si vuole supportare e si viene incitati per tutto il tempo a fare quanto più casino possibile sventolando bandierine e con clackers a forma di manone (che ogni tanto si staccavano e partivano per la tangente...Nerwen e l’altro mio vicino di posto hanno rischiato di brutto.) L’ambientazione è il luogo in cui effettivamente si è svolto il festival quest’anno, Sarajevo. Che dire? Iniziamo dai due “presentatori” Sergei e Boyka, non demenziali, oltre, che rispecchiavano tutti i peggio stereotipi dell’host dell’est, con abiti flamboyant come Elton John dei tempi migliori e che hanno introdotto i vari partecipanti con battute talmente cheap che non potevi fare a meno di ridere come un’idiota.

Si parte dalla rappresentante italiana, la terribile Vesuvia Versace e i 50 lire..(50 lire – 50 cent, spiritosi eh? *risata cavallina alla Boyka*) per passare ai polacchi gayissimi che finiscono il numero con il meraviglioso costume Borat, i cheesy chav inglesi, un’islandese vaghissimamente, ma proprio poco, ispirata a Bjork, l’irlandese perso nella nebbia tricolore che andava di la la la la la la, gli hilarious Kids on the East Block russi,i tedeschi vestiti da preservativi colorati, la greca che parte col burka e finisce con il fare la lap dance in bikini, i noiosissimi svedesi che, sorpresona, erano l’ennesima urenda copia degli Abba, e le tre ungheresi in costume locale.

Alla fine della prima parte, al pubblico viene chiesto di votare via sms per i preferiti inserendo le sigle dei vari paesi nel corpo del testo testo, ma mettendo come prima quella del paese che si è scelto all’entrata, di modo che si possa sapere da quale “nazione” sono partiti quei voti

La seconda parte riprende con l’esibizione di Boyka vestita da rapa (I’m Sarajevo, taste me!) e poi si arriva al punto che di solito nella vera competizione è infinitamente palloso, il collegamento (ovviamente finto) con i vari paesi per conoscere l'esito dei rispettivi voti arrivati via sms. A collegamenti ultimati e a voti conteggiati, i trionfatori, nel mio caso i favolosi New Kids on the East Block, molto ma molto meglio dei vincitori del vero Eurovision, si esibiscono di nuovo e buonanotte a tutti tra coriandoli, stelle filanti e cotillions. Piccolo hint: vale la pena rimanere anche per i titoli di coda che appaiono sullo schermo gigante situato sul palco e anche il sito merita una visita..insomma demenziale, cheesy, camp, ma tanto tanto divertente. Il run finisce a metà novembre che poi ci sono David Tennant ed il suo Hamlet che devono occupare quel teatro *drools in anticipation* se qualcuno dei 4 gatti volesse passare da quelle parti