sabato 29 settembre 2007

Fingers were invented before fork

Ovvero le ribs se magnano co' le mano!


Il Bodean's di Soho è stato il primo di tanti suggerimenti meravigliosi che ci ha fornito la nostra bibbia culinaria e ci siamo tornati svariate volte, sia per la sua posizione piuttosto favorevole sia perché quando c’era desiderio di un po’ di carnina untuosa di salsa bbq e soprattutto della nostra amata clam chowder dopo una giornatina a girare al freddo, there’s no place like Bodeans.

Il ristorante è diviso in due parti. Al piano di sopra c’è il diner all’americana, con ordini al banco e chiamata del numero del tavolo quando è pronto, sgabelli e schermi che passano sport made in USA (cheddupalle!!!).

Il piano di sotto invece è il vero e proprio ristorante stile USA con qualche hint di originalità (ottimo la Grilled Tuna Steak con salsina piccante al mango). Per noi appunto è d’obbligo partire con la clam chowder, che, nonostante non sia servita nella bread bowl come dovrebbe, nel senso che the real McCoy by the Frisco bay è servita dentro una pagnotta a cui viene tolta la mollica, è ugualmente notevole. Per chi non lo sapesse, questa zuppa un po’ corposa è composta da vongole, panna, pezzi di patata, cipolla e pezzi di pancetta.****
Altri ottimi starter sono le chicken wings ed i mostruosamente carichi (pure troppo!) nachos.

Il punto di forza dei main courses sono le meravigliose ribs di maiale o manzo, a cui ultimamente è stato aggiunto pure l’agnello, belle intinte nella salsa bbq e servite con la cosa più atroce della cucina britannica, il coleslaw (la vera insalata del cavolo!) e delle ottime patate fritte. La whole slab è per veri affamati perché di solito c’è più che abbastanza per saziarsi ordinando la metà.
Notevole anche il pulled pork.
Non li abbiamo mai provati, ma c’è anche ampia scelta di burgers di manzo e pollo, bistecche altri side dishes tra cui la baked potato e il corn on the cob.

Tra le birre, ci sentiamo di lodare la canadese Moosehead e segnalare per i più duri e puri amanti della cultura USA la presenza della root beer: no, root non è onomatopeico per l’effetto collaterale della birra, ma trattasi della versione gassata del Listerine (o qualsiasi altra marca di colluttorio a scelta!) molto popolare, e vai a capire perché, tra i bimbi d’oltreoceano.

Strano ma vero, non abbiamo poi mai provato neanche i cocktails, ma promettiamo solennemente di farlo alla prossima visita, sennò che orsetti della perdizione saremmo?

Prezzo medio con starter, botta di costolette e birra circa £20, servizio incluso.
Piccola curiosità: la maniglia di entrata ha la simpatica forma di testa di maiale, giusto per farvi capire che non state entrando in un ristorante vegetariano :-D

***update del 01.10.2007: ora finalmente la zuppa la servono in una pagnotta smollicata sourdough, con tanto di lid da pucciarci dentro!!!!!

domenica 23 settembre 2007

Pad Thai anyone?


Visto che ultimamente se ne è parlato anche in altri lidi, pare il minimo descrivere questo altro luogo di perdizione londinese (e ce ne sono tanti, lo sappiamo!).

Siamo clienti da fidelity card del Busaba Eathai da quasi tre anni, nel corso dei quali abbiamo fatto un bel po' di proseliti, tanto che dovremmo anche chiedere una percentuale ai proprietari per la clientela che gli abbiamo procurato!

What's up with this restaurant? Ha tre sedi in Central London, ma quella indubbiamente più affollata e dove andiamo più di frequente è a Wardour Street, in pieno Soho e non importa a che ora o che giorno arriviate: le possibilità di trovare la fila fuori sono altissime (no reservations)! C'è da dire che nonostante la lunghezza della stessa in certi momenti possa sembrare spaventevole, di rado l'attesa supera i 20 minuti, nel corso dei quali uno dei camerieri (il nostro mito è colui che abbiamo ribattezzato Mark perché sembra il gemello separato alla nascita di Anthony Rapp) controlla quante persone dovrà far sedere e ti consegna il menù per iniziare a scegliere e soprattutto, grazie alle enormi vetrate e ad alcuni tavoli by the window, ti viene già un'acquolina paurosa.

Cosa ordinare? Ah ah, bella domanda. Il Baby Blue Bear vi direbbe di lasciar stare i green e jungle curry a meno che non abbiate una predilezione per il piccante spinto (e anche la Yellow Bear che il piccante lo adora un warning si sente di fornirlo). Tra gli starters, per noi sono immancabili (e di solito di quello ne parte una porzione a testa) i Goong tohd prawns, dei gamberi enormi panati fritti e serviti con una salsina al mango e peperoncino (e ce ne sono ben 5!!!) e i Thai calamari, calamari insaporiti con zenzero e grani di pepe verde. Anche il chicken satay merita di brutto perché non è, contrariamente al solito, servito in spiedini da pucciare nella salsa di arachidi, ma in pezzi di pollo grigliato e speziato il che lo rende un antipasto piuttosto corposo.

Sui noodles c'è poco da dire: gli abbiamo provati tutti e siamo sempre cascati non bene, di più! Porzioni soddisfacenti e ingredienti di prima qualità, il che, trattandosi in prevalenza di crostacei o molluschi, è fondamentale! Il classico ed un must per più di una persona che è venuta con noi sono i Pad Thai, che vanno assolutamente assaggiati!

Tra i curry, l'unico non piccante a nostra conoscenza è il Chicken Gaeng Gari Gai, ma c'è da dire che dopo aver appurato che il BBB non aveva proprio una tolleranza molto alta al genere, abbiamo smesso di sperimentarli :-D.

Sotto la voce Wok del menù ci siamo cimentati in un bel po' di esperimenti con una certa soddisfazione, in particolare per piatti a base di gamberi ed un trancio di pesce spada con un salsina al chilli nonché il Pandan Chicken.

Prendendo un paio di antipasti, un piatto di noodles da condividere e un wok o un curry e condendo tutto con una birra o con una delle bottiglie di vino in menù (non molte, ma di buon livello, tra cui un prosecco niente male) o, se vi sentite salutisti, con uno degli smoothie e dei lassi, non dovreste arrivare a spendere più di £ 20 a testa ed essere oltremodo pieni.

I tavoli sono quadrati, in comune e tengono una dozzina di persone, il servizio di solito è buono, anche se alcune volte per la fretta di smaltire la fila, possono iniziare a tormentarti per chiederti cosa vuoi ordinare non appena poggi le chiappe sulla panca e tornare ogni 10 secondi. La sede di Wardour Street è appunto sempre affollata, mentre quella di Store Street a Bloomsbury, oltre ad essere meno soggetta a queues, ha fuori un meraviglioso schermo con dei tasti ai lati per sbirciare le varie sezioni del ricco menù. Il ristorante di Bird Street non lo abbiamo ancora visitato.

Il sito web per il momento non sembra funzionare...

E non dimenticate di sperimentare il bagno ;-)

Busaba Eathai

22 Store Street London WC1E 7DF

(Tube Station: Goodge Street)

8-13Bird Street London W1U 1BU

(Tube Station: Bond Street)

106-110 Wardour Street London W1V 0TR

(Tube station: Tottenham Court Road)

sabato 22 settembre 2007

Subsequent to the events you have just witnessed...

... come non spargere la voce e mettere in guardia l'intera popolazione mondiale!? But whatever they offer you, don't feed the plants!!

WHERE: Duke Of York's Theatre, St Martin's Lane WC2 / Ambassadors Theatre. West Street London, WC2H 9ND

WHEN: 6 April / 14 August 2007

HOW WAS THE SHOW?
Come forse vi suggerisce il fatto che siano due le locations, e siano due le date... i BIB sono pure tornati a vederlo, quindi questo deve proprio esser stato amore a prima vista! E in effetti... certi della qualità che li attendeva perché produzione con il marchio di garanzia della Menier Chocolate Factory, i vostri BIB hanno avuto il primo incontro ravvicinato (literally... dalla prima fila, on sale as discounted day ticket) con Audrey II e compagnia al primo transfer nel West End al Duke of York. Da quel teatro, la produzione ha poi dovuto trasferirsi ancora una volta, in un teatro ancora più piccino (e se mai vi dovesse capitare di andarci, cercate posti nelle primissime file, o passerete una buona parte del vostro tempo a contemplare il soffitto del Circle che vi sovrasta), senza però mai perdere qualità ed energia sul palco. Un cast affiatatissimo e frizzante, guidato dalla Sheridan Smith di "Two pints of lager and a packet of crisp" a dare vita ad una Audrey svampita il giusto, ma capace di guardarsi dentro con lucidità commuovendo se stessa (e il pubblico!) quando sogna ad occhi aperti 'Somewhere that's green' e da Paul Keating che porta gli abiti un po' geeky e i capelli di un improbabile rosso aranciato del tenero e slightly clumsy Seymour. Al loro fianco il trio di urchins, Ronette, Crystal e Chiffon a prodursi in una serie di facce e smorfie da matte e a comunicare tutto il loro entusiasmo nei loro interventi da 'coro greco' narrante, uno spassosissimo Alistair McGowan come semi-sadist dentist Orin Scrivello, un efficace Mr Mushkin e per chiudere alla grande (è proprio il caso di dirlo) Audrey II, che cresce da essere poco più di un germoglio piccolo e indifeso ad una pianta carnivora che occupa da sè l'intero palco...

La produzione ha chiuso i battenti, anche se si parla di un possibile tour che verrà... per chi come il Baby Blue Bear alla vigilia conosceva solo a grandi linee contenuti e score, è stato davvero love at first sight per uno show che riesce ad ironizzare su certa fantascienza fatta di effetti speciali votati al risparmio, e che con freschezza cuce intorno all'episodio della comparsa durante un'eclissi di sole di Audrey II tra le piante in vendita presso un negoziante cinese, le storie di personaggi divertenti e, a tratti, persino caricaturati, ma che rimangono sempre umanamente credibili e cui è impossibile non affezionarsi. Resterà memorabile la sequenza di snogging estremo al termine di 'Suddenly, Seymour', uno dei numerosi momenti in cui si percepiva concretamente che il divertimento in sala rispecchiava appieno lo stesso tipo di excitement che coinvolgeva il cast replica dopo replica!

One singular sensation...

... è quella che ti pervade quando prende vita davanti ai tuoi occhi uno spettacolo che non è stato creato proprio l'altro giorno e... tristemente un po' si vede!

WHERE: Gerald Schoenfeld Theatre, 236 West 45th StreetNew York, NY 10036

WHEN: 19 Aug, 2007, matinée

HOW WAS THE SHOW?:

Il revival di 'A Chorus line' in scena a Broadway è la riproposizione fedele di quell'allestimento originale che ha scritto una pagina della storia del musical e che è stato portato anche sul grande schermo. Potrà soddisfare pienamente i più nostalgici (davanti a noi sedeva una coppia che con grande orgoglio comunicava ai vicini di poltrona che avevano visto anche la prima edizione!) ma lascia forse una punta di insoddisfazione al resto del pubblico. Poi intendiamoci, è Broadway, nulla è lasciato al caso: questi ballano sul serio e non si può criticare mezzo movimento di un alluce... i numeri di insieme creano una sensazione di unisono quasi incredibile, ciascuno dei membri di questo grande ensemble potrebbe, anche bendato, fare le scarpe a tanti che dalle nostre parti si improvvisano in teatro, e musicalmente e vocalmente non c'è nulla da recriminare. Però, forse proprio per la scrittura stessa dello show, che alterna ai numeri musicali lunghe parentesi di recitazione che spesso degenerano nell'introspezione più bieca o in dialoghi un po' stiracchiati per renderli funzionali ad una trama comunque smilza... è stato difficile per i BIB entusiasmarsi fino in fondo.
Per la serie: era un pezzo di storia e non si poteva non vedere, ma... non credo che faremmo salti mortali per rivederlo!

domenica 16 settembre 2007

Jamie is gone... and who can blame him?

A due neodiplomati della Royal Academy of Music è stato concesso for one night only l’Apollo Theatre nel cuore di Theatreland per portare in scena questo piccolo capolavoro di Jason Robert Brown che avrebbero poi riproposto anche nel corso dell’Edinburgh Fringe Festival. Costo del biglietto £ 15 e ... mixed feelings!


WHERE: Apollo Theatre, Shaftesbury Avenue, London W1
WHEN: 3 Agosto 2007
HOW WAS IT?:

E’ la seconda produzione di questo musical, che è uno tra i miei preferiti in assoluto, che ho la fortuna di vedere (la prima era stata quella del Menier Chocolate Factory lo scorso anno). Per chi non lo sapesse, la trama si basa su una storia d’amore raccontata andando indietro nel tempo dalla lei, Cathy, ed in ordine cronologico dal lui, Jamie, due giovani che si conoscono, si innamorano, si sposano e poi principalmente a causa del successo di Jamie come scrittore contrapposto ai continui fallimenti di Cathy come performer, si lasciano 5 anni dopo. I due attori sul palco non interagiscono mai, tranne durante The Next Ten Minutes, virtualmente il momento in cui si sposano. Il fatto che la storia sia in parte autobiografica in quanto basata sul fallimento del primo matrimonio di Brown, porta già naturalmente a simpatizzare un po’ con Jamie. Ma questa volta in particolare, a causa della notevole differenza interpretativa e vocale tra i due attori, Nadim Naaman e Hannah Wilding, la solidarietà con il ragazzo è stata totale e wholehearted!

Nadim è un Jamie convincente, ha l’età giusta, una gran bella voce un po’ Norbert Leo Butz da giovane e ottima presenza scenica. Molto a suo agio nei pezzi divertenti come The Schumel Song o A Miracle Would Happen, come nel momento in cui materialmente tradisce Cathy in Nobody Needs to Know.

Hannah invece ha dato per tutta la durata dello spettacolo la sensazione che la voce se la fosse dimenticata in camerino e, nonostante questa facesse di tutto per uscire, non trovava proprio la chiave per raggiungere la proprietaria sul palco. E, porella, l’evidente frustrazione per questa cosa le ha impedito pure di rendere quanto avrebbe dovuto come attrice, per cui quando appunto il marito non la regge più e se ne va, subentra anche tutta la comprensione del caso :-D.

Piacevole ed inusuale l’atmosfera in platea, con il pubblico composto per la maggior parte da compagni di corso e professori della Royal Academy of Music... faceva un po’ rappresentazione della School of Arts di Fame e più di una volta ho sperato che arrivasse all’improvviso Doris Schwartz a dare una spintona ad Hannah per ricantare come si deve Summer in Ohio!

Questo gioiellino a suo tempo non ebbe moltissimo successo, tanto da non arrivare neanche a Broadway, ma è in seguito diventato un cult, tanto che non c’è cabaret musical-e in cui non ne venga eseguito almeno un brano.

Personalmente, delle varie versioni che ho “reperito”, quella che preferisco in assoluto è quella eseguita dallo stesso Jason Robert Brown e Julia Murney.

Per chi passerà da queste parti nel prossimo futuro, dello stesso Brown c’è in questo momento e per soli due mesi una versione riveduta e corretta di Parade al Donmar Warehouse nonché un suo concerto (già sold out però) il prossimo 30 settembre al Southbank Centre.

venerdì 14 settembre 2007

It started out like a song…

… we started quiet and slow with no surprise/Then one morning I woke to realize we have a Good Thing Going/
Difficile esprimere a parole l’entità e la varietà di emozioni da cui i vostri BadIdeaBears sono stati prima accarezzati, poi coccolati, e quindi, in un crescendo inarrestabile, toccati nel profondo e quasi sopraffatti. Tutto nell’arco di un paio d’ore. E tutto grazie alla magia per cui – come ha detto in prima persona, in un’altra sede, uno degli interpreti in scena – Stephen Sondheim scrive la sua musica funzionalmente per l’attore, per la storia che deve raccontare, e più di tutto per le emozioni che si propone di trasmettere allo spettatore.
Se poi in scena nel contesto acustico quanto meno ‘peculiar’ della Cadogan Hall sono, accompagnati dalla Royal Philarmonic Orchestra e dal suo impatto sonoro non comune neppure sulla piazza londinese, un quartetto di performers esperti e pluripremiati, ma soprattutto pieni di talento e sensibilità, per giunta sostenuti nelle parti corali da 16 giovani coristi diplomandi della Arts Ed, capite bene che la formula per l’estasi del musical theatre lover sia a portata di mano.

WHERE: Cadogan Hall, 5 Sloane Terrace, Lonson SW1K 9DQ
WHEN: 11 August, 2007
HOW WAS IT?:
A portata di mano era, fondamentalmente, persino il palco, per gli orsetti comodamente avvolti da una poltrona di seconda fila, che era – come spesso accade in virtù dello strano concetto locale di ‘partially restricted view’ – per altro on sale a prezzo amico. Ed ecco Simon Green prendere la scena e rivolgersi al pubblico con le ‘Invocation and Instructions to the Audience’ da ‘Frogs’, per poi accomodarsi su uno sgabello dal quale avrebbe introdotto brano dopo brano senza mai negare qualche preziosa informazione al contorno, seguendo una scaletta che ha toccato una buona fetta della produzione Sondheimiana, ma soprattutto ha permesso ai 4 protagonisti di dare il meglio di sé. Mary Carewe e Graham Bickley hanno indubbiamente brillato per capacità tecniche ed interpretative, ma è inutile nascondere che non potevano che apparire un gradino al di sotto dei loro compagni di scena, pluri-vincitori di Olivier Awards ed affini, Maria Friedman e Daniel Evans.
Maria, intensa e versatile come poche, ha fatto ridere di gusto l’intero pubblico riproponendo quella Mrs. Lovett irruente e scatenata (al punto che qualcuno in prima fila è tornato a casa imbiancato dalla farina con cui preparava le sue ‘worst pies in London’) per poi portare tutti sull’orlo delle lacrime con ‘Losing my mind’ (da ‘Follies’). Daniel, da par suo, è stato tenero e vulnerabile raccontando la sua incapacità a fischiettare (‘Anyone can whistle’), ironico e rilassato (nel duetto con Mary Carewe in ‘Barcelona’, da ‘Company’), e poi ancora toccante in una miscela di fragilità ed intensità emotiva (sulle note di ‘Being alive’, ancora da ‘Company’). Quando Maria ha unito la sua voce a quella di Daniel e ne ha incrociato lo sguardo per invitarlo to ‘Move on’ (da ‘Sitting in the park with George’), i BiB si sono poi definitivamente ritrovati senza respiro e per un po’ incapaci di intendere e di volere. E come dimenticare quel muro di suono che, con il contributo del coro, ha invaso la Cadogan Hall raccontando di Bobby baby... Bobby bubbi... Robby... Robert darling e della sua compagnia di amici… e ancora a ricomporre la visione corale di una domenica pomeriggio sull’isola di La Grande Jatte on a Sunday, by the blue, purple-yellow-red water? Ah *sighs*... that was bliss!

Per la serie “Stage-door moments”: il vostro BabyBlueBear ha avuto la gioia di fare due chiacchiere con Daniel Evans stesso medesimo in persona proprio quello vero, per il quale ha una ammirazione sconfinata, il quale essendo persona deliziosa non solo gli ha firmato con dedica il programma di sala, ma ha pure buttato lì un ‘and please, come and say hi if you get a chance to be there’ (riferendosi al fatto che l’anno prossimo sempre egli stesso medesimo duplice Olivier Award winner con Jenna Russel trasferiscono la produzione by Menier Chocolate Factory di ‘Sunday in the park with George’ allo Studio 54 a Broadway).

giovedì 13 settembre 2007

If you got it, flaunt it!

E quindi volete che non sfoggiamo con orgoglio 'sti gadgets meravigliosi acquistati in quel luogo di perdizione che è il Dress Circle? :-D


mercoledì 12 settembre 2007

Attend the tale of Sweeney Todd


Con mio sommo rammarico, non sempre il Baby Blue Bear può, almeno per il momento ;-), condividere tutte le mie esperienze teatrali, e per questa in particolare, la sua compagnia ed il suo entusiamo mi sono mancati moltissimo, anche perché chi era con me non è proprio la persona più eccitante sulla faccia della terra, anzi...
In occasione della riapertura della Royal Festival Hall, sul lato sud del Tamigi, dopo anni di restauro è stata messa su per sole tre sere questa versione semi-staged della splendida opera di Sondheim con un cast che definire stellare è riduttivo.

WHEN: 5 Luglio 2007
WHERE: Royal Festival Hall, Southbank, London
HOW WAS THE SHOW?:

Cosa può significare vedere sullo stesso palco Maria Friedman, al suo ritorno dopo dei problemi di salute piuttosto seri, Philip Quast, il tanto amato da entrambi i BIB Daniel Evans più due giovani emergenti come Daniel Boys (già in Rent e l'unico altro ascoltabile nel reality per reperire un Joseph. Il suo giorno fortunato è stato quando ALW ha deciso di mandarlo a casa...) ed Emma Williams, il tutto condito dalla voce e dal carisma del tenore Bryn Terfel in una delle opere migliori e più suggestive di Sondheim? Solo avere il rimpianto di non aver acquistato il biglietto per tutte e tre le sere e soprattutto, per stare dietro a persone con il braccino corto, di non aver preso posti in platea invece che in galleria!

Si parte in maniera esplosiva con il coro composto da 30 elementi provenienti dalla Guilford School of Acting Conservatoire che rende ancora più maestosa di quanto già non sia di suo la Ballad of Sweeney Todd, la quale si conclude con l'entrata del maestoso Terfel, inquietante e dark come il Demon barber deve essere. Durante Epiphany è sceso tra il pubblico brandendo il rasoio alla ricerca di qualcuno da "sbarbare" e pare ci siano stati dei veri momenti di terrore tra coloro che se lo sono visti avvicinare LOL!

La Mrs Lovett della Friedman è sguaiata e cafona da morire and I loved every minute of it, e la sua Worst Pies in London è da stendersi dal ridere, con questo impasto sbatacchiato sul tavolo e la sua mimica facciale di cui non ho potuto godere come avrei voluto (almeno fino ad un mesetto dopo, ma questa è un'altra storia...o meglio un'altra recensione...). Deliziosamente ingenuo il Toby del folletto Evans e momento Mastercard il suo duetto con Maria in Not While I'm around. Altro vero momento Mastercard, la Pretty Women Terfel-Quast (nella foto in alto), ma veramente non c'è stato un attimo in tutta la serata in cui non ho avuto la sensazione di assistere ad uno dei migliori spettacoli dell'anno.
Boys e la Williams, nei ruoli di Anthony e Johanna, se la sono cavati più che bene ed entrambi si potranno rivedere presto in azione, Daniel in un piccolo pub theatre a sud di Londra in "I Love you because", versione musical-modernizzata di Orgoglio e Pregiudizio, e Emma nell'ennesimo musical-juke box composto da brani dei Blondie "Desperately Seeking Susan".

Unico neo: l'acoustica, con l'orchestra che a volte copriva le voci dei cantanti in maniera molto fastidiosa. Ora dico, ma dopo anni di restauro fare qualcosa per una hall destinata comunque alla musica pareva brutto?

E ora, da fan sfegatata di Sondheim, Tim Burton e Johnny Depp, non mi resta che attendere con curiosità il film tratto dallo ST...

lunedì 10 settembre 2007

Any sheep will do


Dopo aver fedelmente seguito il reality della BBC che, dopo Connie Fisher, doveva creare un'altra nuova star del West End per la 100ma riedizione negli ultimi 10 anni del Joseph, e aver visto il loro favorito della prima ora trionfare, i BIB si sono decisi a vedere un'opera della premiata ditta Webber & Rice che fino ad ora avevano evit...ehm, gli mancava per appunto verificare dal vivo quanto rendeva il ragazzo (e non solo vocalmente :hee:)

WHEN: 13 agosto 2007
WHERE
: Adelphi Theatre, The Strand, London

HOW WAS THE SHOW?:

Partiamo da quanto c'era di b(u)ono: Lee Mead. E' lui che si è assicurato il posto di protagonista dopo aver sbaragliato una concorrenza, diciamocelo, non proprio acerrima, a parte uno o due elementi, avendo vinto a furor di popolo il reality Any dream will do. Non si tratta di un debuttante assoluto visto che per partecipare allo show televisivo ha lasciato il ruolo di understudy di Raoul nel Phantom of the Opera ed è stato nel cast di recenti tour di Miss Saigon e dello stesso Joseph and the Amazing Technicolor Dreamcoat (e lo abbiamo scritto tutto 'sto titolo!). La speranza è che utilizzi come meglio può questo trampolino di lancio e si affranchi quanto prima dalle grinfie di Sir Andrew perché la stoffa del protagonista ce l'ha, la voce pure ed è un peccato vederlo sprecato in uno spettacolo del genere.
Eh si perché il resto del musical non ci è proprio piaciuto, o meglio lo abbiamo trovato outdated sotto tanti punti di vista, primo fra tutti la ridicola messa in scena, e il povero Lee non è che fosse proprio affiancato dal migliore dei cast.

Ora, possiamo capire che il Phantom è da 21 anni nello stesso teatro, per cui, per quanto conservi in assoluto il suo fascino, oramai non può più fare lo stesso effetto che faceva al suo debutto, con la barchetta che naviga (and this is the song that goes like thiiiiiissss cit. Spamalot :-) ), la riproduzione del sotterraneo dell'Opéra e lo chandelier in caduta libera, ma essendo la location rimasta sempre la stessa, non c'è stata la possibilità di apportare modifiche e forse forse in fondo è meglio così...
Ma per un allestimento nuovo, in un teatro di una certa dimensione come l'Adelphi e con tutti i soldini che già gli erano entrati in prevendita, beh ALW poteva prodursi in qualcosa di meglio di questa robina un po' tanto tacky e soooo 1968, anno di creazione del Joseph! Più che un musical, ci ha dato l'impressione di quello che da queste parti chiamano Panto, abbreviazione di pantomime, che è un tipico spettacolo natalizio con destinatari ovviamente i bambini e quindi allestito in maniera molto semplicistica e con trovate clownesche. La cosa più ridicola è stata questa parte del palco rotante che ogni tanto presentava delle "sorprese". Per esempio, quando il padre consegna a Joseph la sua tunica, ha tirato fuori le famose pecore della Benetton, rigorosamente finte e tutte colorate :puke: o quando Joseph viene portato in Egitto, a segnare il percorso girano a turno i peggio stereotipi tipo piramidi e sfingi e poi... il London Eye! E che dire del ritorno delle povere pecore durante il periodo della carestia sotto forma di scheletri?

Anche gli altri intepreti non è che ci abbiano molto convinto. Preeya Kalidas, la narratrice, ogni tanto qualche acuto a meretrici lo ha mandato, al Faraone simil Elvis Dean Collison è stata assegnata anche una nuova canzone che però è piuttosto inutile ed insulsa e i fratelli, specialmente nella terribile canzone Those Canaan Days, interpretata in simil accento francese, sono insipidi, con la sola eccezione forse di Tom Gillies - Benjamin, che ha però potuto mostrare il suo talento solo nel megamix finale, degna conclusione di uno spettacolo che proprio non ci ha entusiasmato to say the least.
Per fortuna il biglietto ci è costato meri £ 25 + 50 p per affittare uno dei cannocchiali del teatro e vedere per bene la cosa più meritevole della serata: Lee Mead con addosso solo il loincloth per buoni 40 minuti...YAAYYY



Consiglio spassionato dei BIB: spendete i soldi in un bel paio di Absynthe Daiquiri invece che finanziare il prossimo Canaletto di ALW!


domenica 9 settembre 2007

Miss Pereti, please spell... S-Y-Z-Y-G-Y!

Ovvero come un gioco innocuo come una gara di 'spelling' tra bambini può trasformarsi in un pandemonio di risate, condite con una buona dose di ironia e di sana critica alla società contemporanea e per finire un pizzico di satira...

WHEN: 18 August, 2007
WHERE: CIRCLE ON THE SQUARE Theatre, 235 West 50th StreetNew York, NY 10019
HOW WAS THE SHOW?:
Visualizzate mentalmente la palestra della vostra scuola elementare/media - o almeno, quella che sarebbe stata la vostra palestra se foste nati negli USA. Ok, gli striscioni ai muri con i titoli sportivi vinti dalla vostra squadra, lo sponsor che si fa pubblicità, la cattedra con la commissione, e le panchine su cui siede un gruppo di bambini pronti a sfidarsi a colpi di corretta ortografia. Ecco, ci siete. Solo che i bambini sono portati in scena da 'grown-ups' che ne esaltano pregi e difetti trasformandoli in irresistibili personaggi di una comicità genuina e brillante, protagonisti di curiose storie familiari, oppure dotati di talento fuori dal comune, o ancora aspiranti capi di stato per spinta paterna, o strambi di natura... e mentre voi in platea formate il pubblico del musical, ma al tempo stesso il pubblico della 25a edizione della competizione di spelling della contea di Putnam (The 25th Annual Putnam County Spelling Bee), vi ritrovate con le lacrime agli occhi e piegati in due dalle risate, e poi commossi dalla tenerezza di questi 'bimbi', e ancora sorpresi dai colpi di scena e dalle numerose trovate con le quali il pubblico viene coinvolto.
Non solo 4 volontari possono proporsi per una partecipazione molto attiva allo show che li vede tra i protagonisti, impegnati direttamente nello spelling, ma sono poi gli stessi principals che interagiscono con il pubblico, dove credono di individuare parenti o di trovare improbabili fonti di ispirazione per la gara e... per la vita, e più e più volte la scena si sposta dal "palco" - che è comunque decisamente sui generis - alle file della platea!
Un musical che ha la sua forza nello score vivace e nei testi brillanti, soprattutto nelle parti che replica dopo replica vengono adattate/improvvisate per tenere conto dell'interazione con gli spettatori, e - come in fondo ci si aspetta quando da uno show on Broadway, ma è pure sempre una piacevole conferma - da un cast di altissima qualità, peraltro composto in buona parte da giovanissimi. Al suo interno, non possiamo non dedicare una menzione speciale a Stanley Bahorek, che interpreta il tenero e irresistibile Leaf Coneybear (He makes his own clothes!!) grazie al quale, da quel giorno, per i BadIdeaBears e le loro due compagne di scorribande americane, la semplice frase "... I fell" provoca effetti impensabili.

E se siete per indole curiosi e ora volete scoprire il significato di quest'ultima allusione, se da sempre c'è una parte di voi che si interroga su quale sia l'ortografia corretta del nome di questo grazioso roditore sudamericano non perdete tempo, volate a NY e correte all'indirizzo di cui sopra. Non ne resterete delusi...

And some photo evidence...




The guys were to pay the RENT again...

... so how could we possibly miss them!? E siccome è stata fondamentalmente questa la ragione che ci ha visti nuovamente imbarcare per un volo intercontinentale alla volta di NYC, centre of the Universe - anche se poi la vacanza ha offerto un sacco di altri spunti interessanti di cui vi parleremo a seguire - non possiamo non aprire la pagina newyorkese con il giusto tributo al ritorno di Anthony Rapp e Adam Pascal ai ruoli che crearono ormai più di 11 anni fa...
WHEN: 21 August, 2007 - 8 pm
WHERE: Nederlander Theater, 41st st. between Broadway and Seventh Av.


HOW WAS THE SHOW?:

I Bad Idea Bears, accompagnati da due amate fellow travellers e fellow RENTheads, giungono al Nederlander con il giusto anticipo. Mentre cercano di contenere l'emozione e consumano ampie porzioni di memoria delle loro fotocamere immortalando il teatro con le sue locandine in ogni posa e con ogni grado di luminosità, scorgono con la coda dell'occhio un tipo biondo bello come il sole che attraversa la strada e, passando a pochi cm da loro, entra serenamente in teatro. Risponde al nome di Adam Pascal, ma prima di riuscire a balbettare qualcosa ce ne hanno messo di tempo, e comunque la prima frase era al massimo un articolatissimo: "Mah... mah... quello... era Adam!"
Il vostro BabyBlue Bear si infila a sbirciare il board con il cast della serata e scopre, con somma gioia, che - confermati Adam e Anthony in scena - il ruolo di Maureen sarà interpretato invece che dalla titolare (di cui non si legge proprio un gran che) da Kelly Karbacz, già ammirata in passato... Ancora un po' di febbrile attesa e si spalancano i battenti della platea, dove i bears prendono posto nella loro meravigliosa fila H e, dopo essersi procurati merchandising vario, consumano i minuti mancanti in preda ad un mix di eccitazione e ansia. Ed ecco che dietro le quinte si intravede un familiare maglione bordeaux e azzurro... e pochi istanti più tardi, quello stesso maglione indossato da Anthony Rapp si porta a centro proscenio e... "We begin on Christmas Eve, with me, Mark and my roommate Roger...". Difficile tradurre in parole le emozioni di quelle due ore e mezza. Gli occhi che scrutano il viso di Anthony e Adam, gli orecchi tesi a cogliere ogni sfumatura della loro voce e del loro cantato. La rassicurante sensazione di ritrovare un musical che conosci a memoria prender vita, scena dopo scena, gesto dopo gesto, davanti ai tuoi occhi, e sentirti a casa, in quel loft sulla 11th st., per le strade dell'East Village, mentre la neve cade a poche ore dal Natale. E sono, come sempre, le risate per Mark che provoca Joanne ballando un tango sgangherato, i sorrisi a 32 denti all'ingresso di Angel, o per l'irruenza di Mimi su 'Out tonight'. Il muggito di Maureen che affoga in un istante in quello corale e travolgente dell'intero teatro. E poi lo scorrere dei mesi, Angel da salutare, gli amici che sembrano perdersi di vista per poi ritrovarsi, ancora una volta, la vigilia di Natale. E quando Mark ribadisce che 'There is no future, there is no past...' sai che sta per finire e vorresti che tutto ricominciasse un'altra volta.
Un cast brillante per uno show che non delude mai se sai regalargli un pezzo del tuo cuore. Anthony e Adam stellari, e avendo avuto la gioia di vedere Idina Menzel sotto uno strato di trucco verde solo qualche mese fa è impossibile non chiedersi che caspita di esplosione di energia, talento e potenza vocale doveva essere RENT con il suo intero cast originale. Le prove impeccabili di Kelly e di Merlde Dandridge (già Joanne in passato, impegnata a lungo nella giungla con Tarzan, ma tornata "a casa" proprio di recente), la Mimi intensissima e vocalmente impeccabile, capace di creare una alchimia magica con Adam di Tamyra Gray ex di American Idol, il Benny pieno di energia di D'Monroe, uniche pecche (sigh!) forse proprio dal Collins di Troy Horne (nulla da dire vocalmente, ma gli mancava forse un po' di cuore... o forse il ricordo di Destan Owens nel ruolo impedisce di passare sopra alle minuzie interpretative?) e dall'Angel di Justin Johnston, non efficace al 100% nel farsi amare incondizionatamente (e pure lì forse ricordi recenti hanno pesato un po' nel nostro personalissimo giudizio).

Alla stage door una folla scatenata di ragazzine urlanti ci ha fatto temere il peggio. O forse il peggio erano le rispettive mamme, impegnate a sobillare le 'bambine' perché non si perdessero la chance di strappare una firma, una foto o chissà che a chiunque uscisse da quella porta!?

Ci rimane il ricordo prezioso di Anthony che, con serenità e genuino amore per il pubblico, firma una quantità industriale di autografi e regala sorrisi... l'entusiasmo di Tamyra, di Kelly decisa a non mancare questo bagno di folla che forse da understudy non aveva ancora provato... e ci rimane pure il ricordo di un Adam che sfreccia, lasciando qualche contatissimo scarabocchio sui Playbill di pochi fortunati, per salire di corsa su un'auto che porta via i protagonisti...

Sì, lo sappiamo che il West End sta per ospitare un RENT remixed. E confessiamo, vostro onore, siamo irriducibili e vedremo pure quello. Però questo era davvero 'the real thing'...

Que viva Mejico

I Bad Idea Bears, dopo aver conosciuto momenti di gioia irrefrenabile alla scoperta di un meraviglioso angolo di Messico (per lo meno di Baja California) in quel di Berwick Street, celato dietro il nome di Beach Burrito, avevano visto il loro cuore infrangersi contro le impalcature dietro le quali avevano visto il BB imprigionato, l'intero building destinato alla demolizione e chissà a quale altra destinazione commerciale.

Ma poi, out of the blue, ecco la segnalazione di TimeOut che restituisce la speranza, ed il loro tipico fiuto che li conduce a sperimentare, per l'ennesimo post-theatre dinner, il
Wahaca. Una esplosione di colore e di energia nel menu, carico di tutti i sapori e i prodotti della cucina messicana per una volta esplorata con poche concessioni al Tex-Mex per lasciare invece spazio a quello che si troverebbe, in Messico, come street food. Questa la filosofia del nuovo locale - il cui nome altro non è che una traslitterazione della pronuncia corretta del nome della città di Oaxaca - che ha aperto i battenti proprio da poco in quel di Chandos Place, a pochi passi da Covent Garden e dallo Strand. Posizione centralissima, dunque, ma prezzi decisamente amici per il portafoglio, con proposte irresistibili che potrete provare in carrellata con la Wahaca selection (quesadillas con melanzane affumicate e chèvre, con chorizo, tacos del pastor, guacamole appena fatto...), i churros con chocolate (!) e un sorbetto al mango delizioso (e questo non viene riportato solo perché il vostro Baby Blue Bear è praticamente un mango-addict) da assaporare magari accompagnato da uno dei cocktails a base di tequila rivisitati, o degustando un tequila [sì, al maschile... convivenza quotidiana con amici spagnoli e messicani insegnano i fondamentali LOL] di quelli che non si trovano proprio tutti i giorni!

Wahaca riempie un piccolo vuoto londinese, che tradizionalmente non ha una ricca offerta per la cucina messicana, mentre altri trends culinari trovano ampia espressione praticamente ad ogni angolo. Quindi ve lo consigliamo molto caldamente! E fate attenzione: quella che troverete all'ingresso e che vi sembrerà una inoffensiva mini-confezione di fiammiferi contiene in realtà semi di peperoncino per coltivare la vostra piantina direttamente a casa...

sabato 8 settembre 2007

Mojito galore - Bierodrome Islington

La scoperta del quartiere di Islington da parte dei due BIB è arrivata quasi per caso oramai quasi due anni fa, nella notte di Guy Fawkes o bonfire night (o notte del mal di testa cronico dopo ore e ore di botti), quando ancora eravamo "turisti" da quelle parti :-D.
La scelta di esplorare quell'area era stata fatta un po' per allontanarsi dalla sovraffollata Soho del sabato sera, un po' per scoprire qualcosa di nuovo ed un po' perché la fermata della metro dove bisognava scendere era quell'Angel che faceva tanto Rent :-D.
Last but not least, la nostra bibbia quando si tratta di suggerimenti su come vivere al meglio Londra, ovvero Time Out ed il suo volumetto Cheap Eats in London segnalava una specifica strada, tale Upper Street, che sembrava ospitare un ristorante sfizioso dietro l'altro.
E' stato il vero colpo di fulmine, per questa zona piena di vita, locali ed estate agents ed è sembrato quasi normale che poi la YB finisse con il risiederci una volta finalizzato il trasferimento nella perfida Albione.

Su Upper Street abbiamo oramai molte piccole certezze di cui probabilmente parleremo con calma, ma tornando a questa prima, rumorosissima sera, laddove purtroppo il meraviglioso ristorante turco Pasha dove abbiamo cenato ora non esiste più in quanto tale ma è diventato uno di quei posti insulsi dove servono dagli spaghetti bolognaise al kebab (minuto di silenzio in amorevole ricordo dei loro meze e dell'Anatolian kofte, sniff!), il posto dove fanno uno dei migliori Mojito di Londra ancora vive e lotta tra noi...YAAYYY!

Si tratta del Bierodrome

Un bancone separa il lato bar, fornito in fondo di comodi ed ampi divani, da quello ristorante, che non abbiamo mai sperimentato anche perché, essendo di ispirazione belga, serve praticamente solo moules (cozze) e con quelle a casa nostra ci si fa l'antipasto e non cena!
Ben frequentato, ma assolutamente non posh, musica di sottofondo abbastanza alta ma solitamente piacevole, ottimo servizio calcolando che il balcone è sempre bello affollato. Servizio al tavolo solo nel caso si ordinino degli snack caldi.
Il bar è fornito di una quantità impressionante di birre alla spina ed in bottiglia (oltre 100), incluse quelle fruttate, ad ognuna delle quali corrisponde un diverso bicchiere e la tentazione ogni tanto di uscire con un souvenir è stata forte perché alcuni sono veramente belli e particolari (no, noi bravi, noi mai fatto alla fine...per il momento!).
Il prezzo delle birre peraltro è abbastanza onesto, calcolando che per anche per quelle un po' meno comuni si aggira intorno alle 3 sterline.

Ma il loro punto forte ed il nostro punto debole è la famigerata lavagna dei cocktail, dove sono elencati una decina di commistioni micidiali di alcol e sfizi da farti venire voglia di provarli tutti in sequenza. La palma del migliore va appunto al loro Spiced Mojito, fatto con ottimo e abbondante spiced rum (Morgan's Spiced per la precisione) e gli altri ingredienti classici di questo cocktail. Ma vuoi per la qualità del rum, vuoi perché di solito le dosi sono ottime e abbondanti, vuoi perché anche menta, lime e zucchero di canna sono perfettamente dosati, il risultato è esplosivo.
Da provare anche l loro White Russian, Cranberry Collins e qualsiasi proposta quella lavagna delle tentazioni esponga!
Costo di un cocktail £ 5.95 e li vale fino all'ultima goccia!

Posto consigliatissimo per finire una serata, possibilmente ciucchi quel tanto che basta per godersela al meglio!



Bierodrome
173-174 Upper Street N1 1RG
Tube stop: Angel/Highbury & Islington

Il venerdi e il sabato dovrebbe rimanere aperto fino alle 2am, ma in caso di serata un po' morta, chiude decisamente prima!

mercoledì 5 settembre 2007

The show is going home


I BIB si sono inoltrati anche fuori dalla rassicurante Theatreland, recandosi per la precisione in quel di Woking, classica cittadina della countryside inglese composta da case sparpagliate nel raggio di 3 km e un centro formato da centro commerciale, cinema, ristoranti e, quasi sempre, anche un bel teatro! L'occasione è stata l'ultima tappa del tour inglese del Rocky Horror Show e, a quanto pare, l'ultima rappresentazione in assoluto di questo spettacolo, almeno fino a quando il suo creatore Richard O'Brien non deciderà altrimenti.

WHEN: Sabato 14 luglio, ore 20.00
WHERE: New Victoria Theatre, Peacock Centre, Woking
HOW WAS THE SHOW?

Ebbene no, allo show non siamo arrivati come "virgins" (nel gergo dei fan sono coloro alla prima esperienza con il RHS) in quanto era proprio con la visione del Rocky che avevamo iniziato questo 2007 approfittando dello stop londinese del tour al Comedy Theatre. La prima fondamentale differenza l'abbiamo riscontrata nel pubblico. A Londra di persone en travesti ne avevamo viste pochine e soprattutto la partecipazione era stata abbastanza misera calcolando quello che ci era stato raccontato dai veterani. A Woking invece, vista l'occasione, praticamente l'intero teatro indossava i panni di un qualche character o comunque era parecchio flamboyant. L'atmosfera era decisamente particolare, per i fan era il vero evento e lo è diventato ancora di più quando i fuoriusciti dalla matinée hanno spifferato che Richard O'Brien era presente e si sarebbe manifestato a fine show.
Per alcune foto pre-rappresentazione e una visione più da "appassionata" della serata, vi rimandiamo al blog di una delle anime del Fanclub Maggie76.
(E approfittiamo per fare un po' di pubblicità ad una convention da loro organizzata per il prossimo 29 settembre)
Cosa dire dello spettacolo in quanto tale? Quando ti ritrovi in mezzo a persone che non è che lo sanno a memoria, deppiù, inclusi tutti gli interventi dalla platea che nel corso degli anni sono diventati lo show nello show, alcune volte rischi anche di perdere di vista quello che accade sul palco!
Questo non ci ha impedito di apprezzare lo spettacolare David Bedella nei panni dello Sweet Transvestite Frank'N'Furter, simpatizzare con il povero narratore Brian Capron, interrotto in continuazione in quanto bersaglio principale della platea, e rimanere incantati dagli occhi e dalla voce della Magenta-Usherette Claire Parrish. Abbiamo anche un po' rimpianto che l'attrice che quella sera interpretava il ruolo di Columbia, Sarah Boulton, non indossasse di nuovo il reggiseno e la gonna di Janet come la prima volta che l'avevamo vista perché se proprio c'è stata qualcuna che non ci è piaciuta in questa seconda visione è stata Hayley Tamaddon come Janet Weiss (slut!), in particolare per la sua voce un po' tanto shrieking.
Alla fine, come già accennato in precedenza, arrivo del sig. O’Brien… esaltazione a mille per i fans, con la commozione e l’emozione comprensibili perché per loro è la persona che ha donato loro l’oggetto di una loro passione e pure quel qualcosa che li ha portati a conoscere tanta gente, a stringere amicizie, etc.
Per quanto ci riguarda, per quanto poi abbiamo finito per farci trascinare anche noi nel tourbillon entusiasta del momento, l'emozione non poteva essere la stessa, ma siamo stati comunque ben felici di aver di nuovo seguito gli amici del Rocky Horror Fanclub italiano e aver potuto essere testimoni dell'evento della chiusura di un vero e proprio cult (anche se ora, sul sito del tour si parla di una possibile prossima serie di date Down Under...)

The girls are beautiful, the boys are beautiful...

Sempre grazie al suddetto affezionato gruppo di rappresentanti dell’Italian Rocky Horror Show fan club, i vostri Bad Idea Bears hanno avuto modo di conoscere colei che fu Magenta nel corso del tour europeo a fianco del Frank-n-furter di Bob Simon. Risponde al nome di Rebecca ‘Becky’ Bainbridge, ed è oltre che una performer di lusso (attrice, cantante, ballerina e violinista… seriously!), una ragazza deliziosa contraddistinta da una gentilezza e genuinità da lasciare senza parole. Facendoci due chiacchiere davanti ad un paio di drinks (YAY!!) consumati in un club su Piccadilly nel quale ci ha fatto entrare con mossa degna di Mimi Marquez, abbiamo scoperto che è nel cast dell’attuale produzione di ‘Cabaret’, come parte dell’ensemble e u/s della protagonista, Sally Bowles. Utilizzando l’apposito pacchetto applicativo ‘faccia_da_c… v.2.1’ Baby Blue Bear ha buttato lì che in fondo ci sarebbe piaciuto vedere lo show e si è informato sulla disponibilità di biglietti del periodo, e si è sentito rispondere una cosa del tipo ‘chiamatemi lunedì e se posso vi faccio tenere due biglietti al botteghino al prezzo ridotto per il cast’. Detto fatto, lunedì al botteghino ci aspettano due biglietti per la fila G delle stalls, centralissimi, ad un prezzo praticamente simbolico!

WHEN: Lunedi 16 luglio, ore 19.30
WHERE: Lyric Theatre, Shaftesbury Av.
HOW WAS THE SHOW?

E quindi via, verso la Berlino degli anni ’30, dove impera la decadenza che prelude al periodo critico del dominio nazista. Decadenza che si traduce visivamente nelle coreografie del Kit Kat Klub, popolato da danzatori e danzatrici che esprimono la loro sensualità estremamente fisica ed esplicita intorno al Maestro di Cerimonie, a fare da sfondo alle piccole storie umane che si intrecciano in primo piano. L’incontro tra Clifford e Sally, da cui nasce una storia d’amore che è un po’ convenienza e un po’ voglia di normalità, il fidanzamento tra Fraulein Schneider e Herr Schultz, che in una Berlino in cui scarseggiano tanti beni comuni, le fa la corte tentandola con l'esoticità di un ananas, Clifford che inizia a lavorare in nero al servizio di un rappresentante del partito nazista… fino a che il partito fa sentire pienamente la sua voce e lascia intravedere le sue aspirazioni imperiali. Ed è con la sorprendente voce di Alastair Brookshaw, dal poco comune colore contratenorile, che si chiude il primo atto sulle note di ‘Tomorrow belongs to me’, a lasciare il teatro ammutolito con il suo chiaro riferimento politico che contrasta con i toni pieni di speranza di quella ‘Maybe this time’ che l’ha appena preceduta. (Segue mini-spoiler, non leggete se non volete sapere come finisce…) Con il secondo atto, gli eventi precipitano, facendo registrare una serie di sconfitte umane tra i piccoli protagonisti, mentre la grande storia, quella che rimane nei libri, avanza impietosa e sul finale, mentre l’Emcee si rivolge al pubblico ricordando come al cabaret “the girls are beautiful, the boys are beautiful, life is beautiful… even the orchestra is beautiful”, crollano una dopo l’altra le lettere che formano la parola KABARET, a rivelare, in una scena che reinterpreta il finale marziale del primo atto, un quadro d’insieme che allude ai forni crematori dei lager, mentre cade la neve sui corpi nudi dei prigionieri. (FINE DELLO SPOILER)

Questa nuova produzione dell’opera forse più celebre di Kandar ed Ebb è stata criticata da chi non ha trovato adeguato il ricorso alla sensualità così “in-your-face” e alla nudità, espediente che ci è parso invece azzeccato e funzionale per rendere con forza il messaggio di fondo.
Una produzione di altissima qualità, uno spettacolo che ti fa sorridere con leggerezza per farti poi però pensare e riflettere, assestandoti anche un pugno nello stomaco, ad un certo punto… ed è bella la sensazione di uscire da un teatro rimasto silenzioso, vittima del forte potere evocativo dell’allestimento. Gran bella prova corale, dove ciascun singolo elemento dell’ensemble spicca con la sua personalità ed unicità ed il suo particolare talento, e dove i principals sanno cucire con efficacia le loro personali storie raccontandosi in modo trasparente al pubblico.

I Bad Idea Bears suggeriscono… molto caldamente di non perderlo!! E salutateci Becky quando andate al Lyric Theatre!!

domenica 2 settembre 2007

A spoonful of sugar helps the medicine go down

Alzi la mano (ok, 4 gatti, la zampa... ma assumiamo per un attimo che anche qualche umano per sbaglio capiti su questa pagina) chi da bambino, o da meno bambino, non ha visto almeno una volta, almeno uno spezzone, di 'Mary Poppins'. Film disneyano zeppo di zucchero e buoni sentimenti non solo nella sua colonna sonora se ce n'è uno, ha fatto conoscere a tutti quanti quella bambinaia ideale un po' magica che scende dal cielo attaccata al suo ombrello e porta una ventata d'aria nuova a casa Banks.
La Disney, che a fare soldi se la cava sempre, ha promosso qualche anno fa l'allestimento di un musical a tema, che i vostri amici Bad Idea Bears hanno per un po' guardato storto dicendo 'sì, va beh, magari un giorno, quando non siamo ispirati da altro...' ed ecco che, approfittando dell'arrivo in città dell'allegra brigata del Rocky Horror Fanclub italiano con cui hanging out and around è sempre un piacere, alla fine hanno ceduto.

WHEN: Venerdì 13 luglio, ore 19.30
WHERE: Prince Edward Theatre, Old Compton st, London
HOW WAS THE SHOW?

Si può usare l'aggettivo 'disneyano' e sperare che dica tutto da sè? Insomma, effetti speciali, giochi di luce e chi più ne ha più ne metta per fare volare Mary e farla apparire credibilmente magica, grande sfarzo nei costumi, coreografie di insieme di grande impatto e richiamo alla memoria di tutti temi musicali che già il film ci aveva inculcato... ma come dire... tutto un po' "molto preciso e perfettino, ma freddo"?
I vostri Bad Idea Bears avevano creduto in passato di dover attribuire all'interpretazione di Laura Michelle Kelly - avvistata addentando un frutto proibito dell'albero dei bootlegs - quella certa freddezza del tipo 'scusate se vi sembro rigida, ma ho un bastone infilato...' (liberi voi di completare l'espressionecome più vi aggrada). E invece, vedendo che pure Scarlet Strallen si aggira per il palco con aria molto meno incoraggiante della nanny originale, intuiamo che sia proprio una scelta della produzione. Molto più morbida ed avvolgente l'interpretazione della signora Banks, al confronto!
A regalare entusiasmo e joie de vivre alla performance, oltre a quella sana dose di talento multiforme che lo contraddistingue e lo porta, tra le altre cose, a danzare il tip tap a testa in giù sul soffitto del teatro, è Gavin Creel che trasforma il suo naturale accento americano in un marcato cockney per indossare gli abiti dello spazzacamini Bert.
Decisamente bravi anche i due bimbi Banks e soprattutto stoici perché tra nannies inquietanti (se Mary Poppins ha questo lato un tantinello dark, quando appare quel corvo di colei che era stata la tata di Mr. Banks, si rasenta il livello Stephen King) e giocattoli che prendono vita e gli intimano "Temper temper", se non crescono traumatizzati è un miracolo!
Per farla breve: se avete da tempo superato l'infanzia e andando a teatro vorreste sentirvi un po' coinvolti non solo perché le memorie di bambino vi consentono di canticchiare i 3/4 dello score senza neppure pensarci, forse potete scegliere qualcosa di più adatto al vostro gusto. Mal che vada potete sempre aspettare per vedere Gavin in un altro ruolo...

Se intendete vedere 'Mary Poppins' in quel di Londontown, affrettatevi (o quasi), perché la produzione chiude i battenti il prossimo gennaio. A Broadway sembra godere di ottima salute, invece, quindi fate un po' voi...

I know it's late, but...

Lo so. Un blog non dovrebbe proprio per principio cominciare con gli arretrati, se no si chiamerebbe diario dei ricordi. Però tanto da qualche parte occorre iniziare, comunque di eventi passati da poco si parlerebbe, quindi cari 4 gatti di cui sopra state in guardia: vi beccherete qualche review vecchia già di un paio di mesi, ma voi fate finta che sia fresca fresca... *meow*

We begin...

Due paroline introduttive. L'idea di questo blog è nata per condividere con i 4 gatti che arriveranno a leggerlo (2 di questi saranno i miei LOL!) le passioni che maggiormente accomunano i due lovely fluffy bears: musical, cinema, musica in generale e pappa buona. Non si escludono excursus nel mondo del tennis, dei brevetti e dei viaggi perturbati, quindi watch out :-D.
E attenzione alla Yellow Bear che qualche volta potrebbe diventare Yellow-Red Bear e sentirsi posseduta dallo spirito der Pupone!
La Yellow Bear scrivente è diventata londinese di adozione nel giugno 2006 e questo non solo ha notevolmente peggiorato la già pesante tendenza dei due alle spese folli per le forme di divertimento che preferiscono, ma gliene ha fatte scoprire di nuove!
Lo scopo principale della condivisione è di divertirci noi a ricordare certi momenti e far divertire chi arriva a leggerci e forse a dare dei consigli utili agli epicurei spinti come noi!
Enjoy!