sabato 12 aprile 2008

How you watch the rest of the world, from a window…

Luglio 2006 era iniziato da poco. La Yellow Bear si era da poco aggiunta alla lista dei Londinesi. Il Baby-blue Bear l'aveva raggiunta in town per il weekend a seguito di un viaggio che neppure monsieur Rocambole ai tempi d'oro – tipo due voli cancellati in serie e una notte su un divanetto semicircolare a Malpensa. Superato dal Baby-blue Bear il trauma psico-fisico, i vostri scendevano lungo Charing Cross rd. per fermarsi al Windham's Theatre, che ospitava allora la produzione nata alla Menier Chocolate Factory qualche mese prima di "Sunday in the park with George".

Easter 2008. Se i Bad Idea Bears sono volati once again a New York City, se hanno concepito questo progetto mesi fa, la "colpa" è proprio da imputare ancora una volta ad una produzione di Mr. Babani. È proprio colpa di un colpo di pennello ad imitare la luce su una tela intessuta a fine '800. (E in fondo, lo avevo personalmente promesso a Daniel Evans fuori dalla Cadogan Hall, potevamo forse tirarci indietro!?)

WHERE: Studio 54, 254 W 54th St - New York, NY 10019
WHEN: Sunday afternoon (on the island of Manhattan), 23rd March 2008
HOW WAS THE SHOW?

"White. A blank page, or canvas… his favourite… so many possibilities!"

Ma quanto è difficile, davanti a questa pagina bianca, capire da dove cominciare perché questo racconto mascherato da review non sembri un polpettone di retorica e frasi fatte… Difficile tradurre in parole l'impatto emotivo di questa creazione del Master (quello dei tramezzini che piacciono tanto al bimbo di Maria Friedman, per intenderci), perché chi ci legge potrebbe pure trovarci stucchevoli. Ma proviamoci lo stesso, "bit by bit… ounce by ounce".

"Sunday in the park with George" invia allo spettatore una marea di stimoli su piani diversi.
Banalmente quelli musicale e visivo, per cominciare.
E poi quello della logica e della razionalità, della mente impegnata per oltre due ore a non perdersi nella sottigliezza dei riferimenti e nella non banalità dei testi, oltre che nelle frequenti raffiche di parole che ti si posano nella mente come punti di colore depositati sulla tela dal pennello di Seurat.
Quello della riflessione sul senso della creazione artistica, che è espressione di un sé che non deve temere di andare contro le convenzioni e di non essere compreso, anche quando significhi dire cose che nessun altro ha il coraggio di dire e che nessuno è pronto ad ascoltare, in quel momento.
Ma è anche quello intimo ed emozionale dei rapporti umani, di un uomo incapace di relazionarsi intimamente con gli altri ma che degli altri ha bisogno e sa osservare la società, non già come entità collettiva, ma come insieme di singoli, ciascuno con le sue personali e peculiari caratteristiche che lo rendono unico, e per questo prezioso e insostituibile. Come ciascun piccolo punto sulla tela è indispensabile, perché fondendosi nell'occhio umano con i suoi vicini può creare l'illusione del colore e della luce in un quadro.
E' il racconto di una donna che ama visceralmente quell'uomo, ma è costretta a rinunciare a questo amore e a scegliere un plan B nella sua vita, perché deve dare un senso e una concretezza al futuro della vita di colei che sta per venire al mondo.
Ed è quindi, soprattutto, il piano della fragilità e del senso di inadeguatezza umani, il piano delle scelte che non sono quelle ideali, ma il compromesso al quale tocca scendere perché alla fine si sceglie sempre e comunque l'unica via realmente percorribile. È il piano che va a percuotere corde interiori nell'animo di cui lo spettatore non ha forse piena consapevolezza, ma che quando iniziano a vibrare ne mettono in risonanza l'anima, e si ritrova scosso, incredulo, destabilizzato. Incerto, se quell'emozione travolgente sia conseguenza più del potere ipnotico scaturito dalla bellezza estrema di ciò che prende vita davanti ai suoi occhi, o della catarsi scatenata – incredibilmente e semplicemente – da frasi musicali che tornano ancora una volta a colpire i suoi timpani, cariche progressivamente di un peso emotivo sempre più forte. E dai gesti che le accompagnano. E dagli sguardi, negli occhi di quelle due creature meravigliose in scena che rispondono ai nomi di Daniel Evans e Jenna Russel.

Potremmo dilungarci a dirvi quanto caspita è bello quel teatro. Quanto l'intero cast si esprima ad un livello altissimo e come, dall'edizione made in London, il transfer a Broadway di "Sunday in the park with George" (o, come lo ha definito Dan Evans, il suo ritorno a casa,) abbia introdotto alcune piccole modifiche di carattere tecnico (costumi, dettagli nelle proiezioni e giochi di luce che realizzano il chromolume dello "Act II George"). Di quanto sia godibile, da europei, il momento in cui Sondheim ironizza sulla cafonaggine del texano medio davanti a un pubblico americano. Di quanto sia bello pensare che Stephen in persona sia stato presente durante prove e tech di questa produzione. Ma siccome se ne visualizziamo mentalmente più di trenta secondi di fila ci si ripropongono il brivido lungo la schiena, la pelle d'oca e la lacrimuccia nell'angolo dell'occhio, ecco… ci perdonate se ci fermiamo qui?

"Art isn't easy… every minor detail is a major decision, have to keep things in scale, have to hold to your vision… "

domenica 6 aprile 2008

Just came to say goodbye...


Anche perché al momento in cui abbiamo visto per la quarta volta (e lo sappiamo, ci sono persone che direbbero "solo?") Rent al Nederlander eravamo ancora convinti che avrebbe chiuso il 1 giugno, mentre poi la settimana dopo è uscita la notizia del prolungamento del run fino al 7 settembre e non ci sentiamo di escludere che almeno fino a Natale forse arriva...

WHEN: Saturday, 22nd March 2008
WHERE: The usual Nederlander - NYC, centre of the Universe!
HOW WAS THE SHOW?

Neanche stavolta ci è andata bene con la lottery per via del periodo festivo che ha portato in città il classico campionario di pischelle/i in vacanza, convinti pure loro che fosse l'ultima possibilità di vedere lo show, i posti offerti da TKTS davano partial view e quindi biglietto a prezzo pieno per delle ottime e centrali Orchestra seats (stalls for the UK theatregeeks :-D).

L'idea era quella di dimenticare il terribile remix londinese e in parte ci siamo riusciti. Purtroppo il difetto di Rent B'way è quello di avere poco coraggio nel casting e continuare a riciclare persone che sono già transitate su quel palco o su altri di tour dello show e che quindi non hanno più il mordente degli inizi per interpretare i loro personaggi. I due che ci hanno maggiormente irritato in questo senso sono stati Angel-Justin Johnston, che abbiamo visto per la prima nel 2004 O_O e che interpreta un Angel assolutamente insipido, e Karmine Alers - Mimì (già vista nel 2005 e nell'ensemble la scorsa estate), che oramai nella vita reale ha il doppio dell'età del personaggio, si è fatta di botox fino a rendersi quasi irriconoscibile e soprattutto ha sviluppato 'sto gracchiare nella voce che proprio non ci ricordavamo. Caren Lyn Manuel - Maureen, altra stra-veterana che però non avevamo mai beccato prima, fa un Over The Moon identica spiccicata a quella di Idina ed è nell'insieme dimenticabile. Altro recurring è Collins - Michael McElroy, piuttosto convincente e addirittura l'OBC Rodney Hicks come Benny... Nell'ensemble oramai ce ne sono alcuni probabilmente mureranno nel Nederlander una volta finito lo show (ogni riferimento a Shaun Earl, Jay Wilkinson e Marcus Paul James non è puramente casuale).

Le due bellissime sorprese invece sono stati Harley Jay - Marc e Declan Benneett - Rogeah (è tanto British il ragazzo...), che non a caso sono le due acquisizioni più recenti nei leading roles. Il primo era pure alla sua ultima replica e da Halloween in poi ha iniziato ad avere serie difficoltà a cantare senza avere la voce rotta da qualche singhiozzo. Bella presenza scenica, un po' Rapposo ma con aggiunte personali, voce mooolto gradevole, insomma la dimostrazione che forse a buttarci un po' di forze fresche, lo show ci avrebbe guadagnato.
Splendido il Rogeah di Declan: interpretazione parecchio personale e rock, incazzato come una biscia (in Goodbye Love ha fatto 'sta corsa verso il tavolo per il "All your words are nice Mimì" che ci ha fatto temere/sperare che alla Alers arrivasse veramente qualche schiaffo), con tentativi di tenere l'accento USA che sono andati in malora dalla già nominata seconda metà del secondo atto.

Un goodbye che era doveroso, che siamo stati ben felici di aver detto a questo show che resterà il primo che i BIB hanno visto insieme e che tanto prima o poi sicuramente reincontreremo da qualche parte ... 'coz we can't believe this is goodbye :-D.

martedì 1 aprile 2008

All shall know the wonder (of purple summer)

Non sono certo le liriche più significative del musical. Non vengono da uno dei brani più impattanti, uno di quelli che ti spiazza per la messinscena che interrompe la narrazione e dà voce a ciò che i ragazzi hanno nell'animo, uno di quelli che sfida la censura portando in un teatro il linguaggio che le nuove generazioni, ma in fondo poi tutti quanti noi, parliamo ogni giorno. Ma volendo scegliere una frase che rendesse l'idea di ciò che ho in mente pensando ora a 'Spring awakening', l'occhio cade sulla parola 'wonder'. Meraviglia, ma anche stupore, sorpresa. E la voglia a questo punto di dire pubblicamente: ok, ci siamo sbagliati. E si sa che solo gli sciocchi non sanno cambiare idea, quindi...

Andiamo con un preambolo. Quando 'Spring awakening' ha aperto on Broadway e si è scatenato quel polverone assassino, quella hype incontenibile soprattutto fra i teenagers, quando si sono sprecati paragoni a pioggia con classici come RENT a livello musicale, quando - memori di cosa possono fare fangirls assatanate alla stage door di uno show - abbiamo immaginato gli effetti di questo spettacolo, ci siamo guardati in faccia e ci siamo detti: ma neppure se ce lo regalano il biglietto! Abbiamo ascoltato l'OBCR e arrivati a metà già ci stavamo chiedendo perché lo avessimo fatto, e che cosa significassero tante cose... Insomma, per farla breve: i Bad Idea Bears erano fino a poco più di una settimana fa convinti che non facesse proprio per loro e che forse un po' di quei Tony fossero proprio andati fuori bersaglio.
Fino a che al botteghino delle meraviglie di TKTS, il pomeriggio del sabato prepasquale, un no alla prima richiesta fa scattare il plan-B più sconsiderato. 'Is there anything left for 'Spring awakening'? E quando ti propongono due biglietti me-ra-vi-glio-si a 44 dollarucci a testa contro un full price di 116... e vabbè, che je vuoi dì de no!?

WHEN: Saturday, 22nd March 2008
WHERE: Eugene O'Neill Theatre230 West 49th StreetNew York, NY 10019US
HOW WAS THE SHOW?

Ed ecco che iniziano le sorprese. Il teatro è un gioiello. Bello di una bellezza eterea esaltata da un gioco di luci azzeccatissimo, pur nella sua semplicità apparente, ad incorniciare un palcoscenico scarno nel quale alcuni elementi delineano come in uno schizzo gli ambienti di scena. La band, schierata sul palco contro il muro propone un incontro fra la rockband ed i suoni elettrici e la dimensione acustica di archi, harmonium e percussioni. File di panche a bordo palco ospitano alcuni spettatori, tra i quali sono seduti anche i coristi, ed alcuni posti rimangono liberi per i principals che verranno.

Buio in sala e un filo di luce illumina Lea Michele (Wendla) che apre lo show con 'Mama, who bore me'. E l'opening number che al solo ascolto lasciava qualche perplessità assume un senso ben preciso ed inizia ad inquadrare la situazione. Wendla, come gli altri giovani del luogo, i vari Melchior (Jonathan Groff), Moritz, Hanschen, Ilse... sono adolescenti ingabbiati da una società chiusa e sostanzialmente puritana e bloccati da genitori che invece di soffiare sulle loro ali per aiutarli a spiccare il volo fanno di tutto per tenerli in una condizione di ignoranza e non preparazione alla vita che li attende nel mondo. La scuola e le istituzioni falliscono nella loro funzione educativa e non forniscono loro gli strumenti adeguati, troppo impegnati a reprimere e punire ogni forma di ribellione alle regole. La ribellione di Moritz è quella di un adolescente che, distratto dall'improvviso risveglio ormonale, fallisce gli esami scolastici e, certo che la punizione dei genitori sarebbe intollerabile, una volta richiesto senza successo l'aiuto della mamma di Melchior per improvvisare una fuga in America, preferisce togliersi la vita. La ribellione di Melchior è quella di chi osa pensare con la propria testa, chi vuole conoscere per poi poter decidere, chi non si fa realmente governare dalle convenzioni. La ribellione di Wendla è quella di chi abbraccia i proprio sentimenti e la propria sensualità, anche quando in casa le è stato insegnato che condizione fisiologicamente necessaria perché un uomo e una donna possano avere un bambino è il matrimonio. La ribellione di Ilse è quella di chi, rifiutata dalla società perché rappresenta la pietra di uno scandalo, figlia molestata dal suo stesso padre, che ha osato denunciare il fatto davanti ad una società che preferirebbe non vedere e volta il capo altrove, ed impara a vivere da sola. Tanto controcorrente, tanto diversa, che il suo vestito verde la distingue anche cromaticamente dai colori più anonimi degli abiti dei compagni.
Ma la ribellione ha un costo. Se Moritz si toglie la vita, Wendla rimane incinta di Melchior e, costretta ad un aborto clandestino dai genitori, perde la vita nelle mani di un chirurgo improvvisato. E Melchior, spedito in riformatorio perché considerato responsabile della morte di Moritz, quando comprende dentro sè che deve tornare e rivedere Wendla - della cui morte non è ancora a conoscenza - viene sorpreso dalla drammatica verità e comprende, in quell'istante, che non può e non deve 'raggiungerli' con un gesto estremo, ma vivere fino in fondo, vivere anche per loro, portando il loro ricordo con sè nella sua esistenza. Ed il brano finale, allora, annuncia l'arrivo dell'estate. Stagione di fecondità, di calore, della piena maturità. A segnare che quanti ci sono ancora sono cresciuti, sono maturati attraverso le esperienze accumulate, e possono attendere la nuova stagione della loro vita con la giusta dose di speranza. Significativo il fatto che il brano finale venga aperto dalla stessa Ilse, voce fuori dal coro per eccellenza, che però a quel punto può fondersi con quella dell'intero cast in un crescendo di armonie vocali.

Un cast di livello esagerato, dall'età media talmente bassa da fare paura - a parte i due performers che coprono tutti i ruoli di adulti, si va dai 16 ai 22 anni... qualità musicale altissima, sia a livello vocale, sia per quanto riguarda la parte musicale in sè, che rispetto alla registrazione su CD si arricchisce di sonorità più "raw" e calde, i microfoni "a gelato" a catturare fiati e a rendere più palpabile l'emozione, gli archi che arricchiscono le orchestrazioni (intro in cui si sposano violoncello e chitarra elettrica, per citarne una...). E una serie di soluzioni di allestimento effettivamente, fresche, nuove, cariche di energia che spezzano schemi e propongono qualcosa di nuovo, qualcosa di non visto prima. Osano parlare ad un pubblico che sempre più spesso affolla i teatri, e osano farlo con lo stesso linguaggio senza peli sulla lingua di un giovane pronto ad abbracciare il suo spirito più ribelle.

Insomma, con pieno entusiasmo da parte del Baby Blue Bear decisamente conquistato e ancora qualche dubbio per la Yellow Bear più che altro a livello di coinvolgimento strettamente musicale, la vera rivalutazione di uno show. Like. Seriously. Like next time we want stalls seats to see the faces from near enough... (see?! we're already contemplating a next time!)